News ITAReferendum costituzionale: cos’altro cambia.

di Cristina Cordaro

Come si è visto, la riforma in oggetto in oggetto verterà principalmente sul Titolo I della parte seconda della Costituzione relativo al Parlamento. Ulteriori modifiche interesseranno, tuttavia, anche i Titoli II (Presidente della Repubblica), III (Governo) e V (Regioni, Province, Comuni).

Vediamo anzitutto come cambia l’elezione del Capo dello Stato. Verrà mantenuta la platea di elettori data dai membri del Parlamento in seduta comune, ma non vi parteciperanno più i delegati regionali, in quanto i nuovi senatori saranno già rappresentanti degli enti locali. Cambierà anche il quorum. Per l’elezione, sarà cioè necessaria la maggioranza dei due terzi fino al quarto scrutinio (66%). Dopo il terzo scrutinio rimane sufficiente la maggioranza assoluta. Dal quarto al sesto scrutinio occorrerà invece la maggioranza di tre quinti (60%) contro l’attuale maggioranza assoluta degli aventi diritto (50%).

Il Presidente della Repubblica potrà sciogliere solo la Camera dei Deputati (e non più anche il Senato) e il Presidente della Camera diventerà seconda carica dello Stato, esercitando le funzioni del Presidente della Repubblica in caso di impedimento.

 

La riforma interesserà, poi, il rapporto fiduciario tra l’esecutivo e le due Camere (art. 94 Costituzione), in quanto detto rapportò correrà esclusivamente tra la Camera dei deputati e il Governo. Il nuovo testo dell’art. 94 Costituzione prevede, infatti, che il Governo debba avere la fiducia della Camera dei deputati e non più delle due Camere. Conseguentemente, entro dieci giorni dalla sua formazione il Governo si presenterà innanzi alla Camera dei deputati (e non più alle Camere) per ottenerne la fiducia.

 

La riforma modificherà, poi, il Titolo V relativo alle autonomie locali di comuni, province e regioni, comportando una riduzione dell’autonomia delle regioni, in quanto molte competenze (sicurezza sul lavoro, ambiente, gestione di porti e aeroporti, produzione trasporto e distribuzione nazionali dell’energia, politiche per l’occupazione, ordinamenti professionali) torneranno ad essere attribuite, in via esclusiva, allo Stato.

 

La riforma inciderà anche su alcuni profili del sistema referendario e sulle leggi di iniziativa popolare. Quanto al primo, il quorum richiesto per la validità del risultato di un referendum abrogativo resterà sempre del 50%, ma se i cittadini che propongono la consultazione fossero 800mila, invece che 500mila, il quorum sarà ridotto: basterà che vadano a votare il 50% dei votanti all’ultima tornata elettorale, non il 50% degli aventi diritto. Viene così introdotta la possibilità che il referendum venga approvato con la semplice maggioranza dei votanti all’ultima elezione della Camera dei deputati, se coloro che avanzano la proposta referendaria sono più di ottocentomila, così facilitando l’eventuale approvazione del referendum. Rimangono, invece, invariati i soggetti abilitati al proporlo e le leggi non sottoponibili a referendum.

Per quanto riguarda, poi, le leggi di iniziativa popolare, il numero di firme necessario per la presentazione di un disegno di legge è aumentato da 50 mila a 150 mila, con una discussione e deliberazione che dovrà essere garantita secondo tempi e modi da stabilire nei regolamenti parlamentari (introducendo quindi l’obbligo di discussione dei disegni di legge di iniziativa popolare).

Sono inoltre introdotti referendum popolari propositivi e d’indirizzo, la cui disciplina è però rinviata a una successiva legge d’attuazione.

 

 

 

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