News ITANews-homepagePrivacy: tra autodeterminazione ed interessi superiori dello Stato

di Avv. Furio Ghezzi

 

Al liceo lessi il libro scritto nel 1949 da George Orwell intitolato “1984”. Romanzo distopico dove si narra di una società governata da un partito unico con a capo il ”grande Fratello”, che nessuno ha mai visto ma che è ovunque e governa tutto e tutti controllando ogni cosa tramite strumenti installati in ogni casa. Erano gli anni settanta e già si sentiva il controllo, l’intrusione, la violazione della privacy. Tuttavia, solo nel 1996 con la legge 675 lo Stato regolò ufficialmente il diritto alla riservatezza dei dati personali e ne sanzionò per la prima volta l’abuso; sebbene la norma avesse lo scopo di tutelare i diritti costituzionali dell’individuo, non si può non cogliere l’esigenza di compenetrare i diritti individuali con la società. Privacy oggi non è più “the right to be let alone” ma si riassume in un insieme complesso di azioni che Alan Westin definisce come la pretesa legittima di ogni persona a stabilire la misura in cui desidera condividere sè stesso con gli altri ed il controllo del tempo, del luogo e degli eventi da comunicare agli altri. Significa il diritto di recedere o di partecipare a scelta. E’ il diritto dell’individuo si controllare la divulgazione dei propri dati; è un possesso strettamente personale. La Privacy è sinonimo del diritto di essere lasciato tranquillo. Ma l’uomo vive in comunione con gli altri ed ha bisogno di partecipare e comunicare. Quando questo aspetto multiforme della privacy viene associato al potere dello Stato di agire per il bene comune, sono ampiamente giustificate le recenti preoccupazioni circa l’invasione e le violazioni della privacy individuali. Questo pensiero ci evidenzia i tre cardini su cui si fonda il Regolamento europeo, infatti il diritto della privacy non si esaurisce nella valorizzazione e nella tutela del solipsismo individuale o dello ius excludendi alios; ha una portata più ampia ovvero il diritto all’autodeterminazione di ciò che si vuole comunicare. Il richiamo agli artt. 3 e 13 della Costituzione è evidente e la subordinazione del diritto personalissimo alla riservatezza nei confronti degli interessi generali continua ad essere una questione delicatissima che rievoca lo scenario di supremazia dello Stato sull’individuo.

Pertanto si pone la necessità della mappatura dei rischi, di prendere atto dei diversi interessi che emergono nei singoli passaggi da qui l’esigenza di tracciare l’utilizzo del dato e limitarne l’uso all’effettiva necessità per poi abbandonarlo non appena non è più utile trattarlo. Si deve anche aggiungere che la vertiginosa evoluzione tecnologica offre giorno dopo giorno utilizzi dei dati prima impossibili. Quindi si tratta di una materia in continua evoluzione che richiede all’operatore la piena consapevolezza di porsi in un’ottica interpretativa di costante evoluzione. In conclusione la privacy non è una serie di adempimenti formali ma una filosofia di lavoro e una norma da rispettare di valenza costituzionale come dimostrato anche dalle sanzioni salatissime previste per le violazioni.

 

 

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