News ITANews-homepageLe modifiche al reato di dichiarazione infedele stanno a una necessità di maggior cautela in materia di Transfer Pricing

di Francesca Solinas

Le modifiche contenute nel Decreto Fiscale 2020, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 26 ottobre 2019, in particolare le novità che interessano i reati tributari, sortiranno effetti significativi anche nelle operazioni infragruppo.

Nello specifico, si vogliono qui affrontare le conseguenze che le sanzioni previste dall’articolo 39 del D.L. 124/2019 per il reato di dichiarazione infedele produrranno in materia di transfer pricing.

L’art. 4 del D.L.gs. 74/2000, nella versione post-riforma, risulta rinnovato sotto vari profili.

Si assiste a un innalzamento della pena della reclusione da due a cinque anni  (prima era da uno a tre anni), per chi “al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, indica in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi inesistenti”, a condizione che, congiuntamente:

(i) l’imposta evasa sia superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a Euro 100.000,00 (abbassamento della soglia rispetto alla somma precedente, pari a Euro 150.000,00);

(ii) l’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all’imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi inesistenti, sia superiore al 10% dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione o, comunque, sia superiore a Euro due milioni (in precedenza 3.000.000,00 di euro).

È stato, inoltre, abrogato il comma 1-ter che dispone(va) la non punibilità in caso di dichiarazione infedele dipendente da valutazioni che differiscono in misura inferiore al 10% da quelle corrette. 

Ebbene, al fine di comprendere come tali modifiche normative possano incidere sulle operazioni infragruppo, occorre analizzare due situazioni che spesso si verificano nel corso di controlli effettuati su imprese italiane che intrattengono rapporti con società controllanti o partecipate ubicate all’estero.

1. Impresa italiana che acquista beni o servizi dalla controllata estera. 

L’amministrazione finanziaria ha spesso ritenuto sussistente un’ipotesi di sovrafatturazione o di elementi fittizi per la parte di costi eccedente il valore ritenuto reale, con conseguente contestazione della dichiarazione infedele mediante utilizzo di fatture recanti importi superiori al reale o elementi passivi fittizi.

2. Impresa italiana che vende beni o servizi alla controllata estera.

In questa situazione, l’amministrazione ha più volte rettificato in aumento i ricavi sulla base della considerazione che i beni o i servizi ceduti siano stati sottostimati al fine di trasferire materia imponibile all’estero, con connesso ricavo sottratto a imposizione per l’impresa italiana.

Per il futuro, le imprese italiane che intratterranno rapporti con società controllate o collegate estere, dovranno adempiere agli oneri documentali sui prezzi di trasferimento, indicando sempre i criteri di valutazione applicati, per mettersi al riparo, in caso di contestazioni sui valori delle transazioni infragruppo, dal rischio di punibilità penale.

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