News ITAINSIDER TRADING: anche l’insider “di se stesso” può essere sanzionato dalla Consob

Il tema dell’insider trading risulta più che mai d’attualità specialmente in seguito agli ultimissimi sviluppi portati delle indagini svolte ad opera della Procura di Milano sulla collusione tra managers di importanti gruppi bancari nazionali e partners di alcuni tra gli studi legali più rinomati del panorama italiano che avrebbe portato alla scambio di informazioni riservate riguardo il lancio di importanti offerte pubbliche di acquisto nel biennio 2012-2014.

Con il termine anglosassone insider trading, si intende, in via generale, la compravendita di titoli di una determinata società da parte di soggetti i quali, in ragione della loro posizione all’interno della stessa o in forza della loro attività professionale, siano venuti in possesso di informazioni riservate che abbiano avuto l’effetto di avvantaggiare questi ultimi rispetto ad altri investitori sul medesimo mercato.

Per la configurabilità della fattispecie di cui supranon risulta necessario il trasferimento di materiale conoscitivo da un soggetto informatore al soggetto agente” come ha recentemente avuto modo di precisare la Corte di Cassazione respingendo il ricorso avverso la sentenza della Corte d’appello confermativa della delibera con la quale la Consob aveva riconosciuto la configurabilità dell’illecito di cui all’art. 187 bis, comma 1, lett. a), t.u.f., e sanzionato per “insider primario” presidente e amministratore delegato di una s.p.a. che avevano acquistato azioni della società stessa utilizzando l’informazione privilegiata del lancio dell’o.p.a., da loro stessi ideata, prima che venisse resa nota al mercato (sentenza n. 24310 del 2017).

Tra i motivi dell’impugnazione, infatti, si sosteneva che il termine “informazione” richiedesse il trasferimento di materia conoscitiva da un soggetto informatore a un soggetto informato e non ogni dato potesse far parte della nozione di informazione ma solo quel materiale oggetto di una trasmissione tra soggetti diversi tra loro.

Secondo la Suprema Corte, tuttavia, «nel testo dell’art. 187 bis t.u.f., l’espressione “informazione” non è accompagnata da alcun riferimento alla relativa provenienza e deve quindi essere intesa come “conoscenza”, indipendentemente dalla circostanza che tale conoscenza sia stata o meno trasmessa da altri all’agente».

la nozione di informazione va dunque intesa «come sinonimo di “conoscenza” o “notizia” oggetto di possesso, non rinvenendosi alcun riferimento alla circolazione che la notizia possa avere avuto prima di entrare nella disponibilità di quest’ultimo né nell’art. 187 bis né nell’art. 1, n. 1, della Direttiva 2003/6/CE».

di Andrea Biglia

 

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