News ITAIl trasferimento fittizio delle sede legale all’estero non esclude la giurisdizione del giudice italiano in caso di fallimento.

Nell’ultimo decennio si è potuto constatare un forte incremento di episodi di trasferimento delle sedi legali da parte di società di capitali italiane verso paesi esteri. Ciò ha portato a chiedersi cosa possa succedere nell’ipotesi in cui una società italiana trasferisca la propria sede legale all’estero subito prima della manifestazione dello stato d’insolvenza ma, soprattutto, se sussista o meno la giurisdizione del Giudice italiano per l’intera procedura concorsuale. Una soluzione al quesito è riscontrabile nella pronuncia n. 7470 del 23 marzo 2017, espressa dalla Prima Sezione Civile della Corte di legittimità su delega del primo presidente aggiunto delle Sezioni Unite. 

Nel caso esaminato – trasferimento della sede legale di una S.r.l. dall’Italia all’Inghilterra – il Giudice di primo grado aveva ritenuto sussistente la giurisdizione dell’organo giudiziale italiano in considerazione della natura fittizia del trasferimento della sede legale, non applicando la presunzione di coincidenza tra sede legale e reale.

La società, infatti, aveva deliberato il trasferimento quando lo stato d’insolvenza era ormai palese, senza mostrare le ragioni sottese a tale decisione.

La Corte d’Appello aveva successivamente provveduto al rigetto del reclamo proposto dalla società, affermando che la sede londinese coincidesse con un mero recapito postale ed ivi risultassero ubicate oltre 33 mila società. Ad aggravare la situazione vi era poi il fatto che lo stato d’insolvenza fosse conclamato da tempo anteriore allo spostamento della sede, palesando la finalità di sottrarre la società alla dichiarazione di fallimento in Italia.

Avverso tale pronuncia la società ha proposto ricorso per Cassazione, poi trasmesso all’esame delle Sezioni Unite. I Giudici della Corte di legittimità hanno espresso i seguenti  principi: in primo luogo sarebbe stato possibile cogliere un indicatore della non coincidenza della sede legale con quella effettiva dal fatto che il trasferimento all’estero della sede legale avvenuto dopo il manifestarsi della crisi d’impresa, non era sostenuto dalla prosecuzione della medesima attività d’impresa svolta in Italia, ne’ era stato spostato presso di essa il centro dell’attività direttiva, amministrativa e organizzativa ma era riscontrabile una discontinuità tra le attività svolte. Un ulteriore indizio era costituito dal fatto che i membri dell’organo amministrativo fossero cittadini italiani senza significativi collegamenti con lo stato straniero. A tal fine era necessario anche valutare se al trasferimento di sede fosse poi seguito concretamente il trasferimento effettivo dell’attività imprenditoriale. Al riguardo non rilevava il fatto che il trasferimento «fosse stato posto in essere conformemente alla legge dello stato interessato». In conclusione, dunque, il trasferimento risulta fittizio quando non risulti spostato all’estero il centro dell’attività direttiva, amministrativa ed organizzativa dell’impresa.

di Andrea Biglia

 

 

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