News ITAAnche le società pubbliche possono fallire

di Andrea Biglia

 

Come è noto, il Legislatore consente l’assolvimento di numerose attività di pubblico servizio mediante il ricorso alle società di capitali. In questo modo è possibile il perseguimento dell’interesse pubblico avvalendosi di strumenti di carattere privatistico.

Ci si è posti, dunque, l’interrogativo se l’assoggettamento di tali società ai principi di diritto privato faccia si che esse siano soggette alle comuni regole in materia di fallimento in caso di insolvenza.

La Corte di Cassazione ha avuto modo di rispondere affermativamente al suddetto quesito nella sentenza n. 3196 del 7 febbraio 2017, in cui è stata presa in esame la tipologia delle società “in house”. In particolare la Suprema Corte, ha dapprima ribadito il principio per il quale, in tema di società partecipate, la scelta del legislatore di consentire l’esercizio di determinate attività a società di capitali – e dunque di perseguire l’interesse pubblico attraverso lo strumento privatistico – comporta che queste assumano i rischi connessi alla loro insolvenza, pena la violazione dei principi di uguaglianza e di affidamento dei soggetti che con esse entrino in rapporti, nonché delle regole in materia di concorrenza, che impongono parità di trattamento tra quanti operino all’interno di uno stesso mercato. Nel prosieguo ha poi compiuto una precisa disamina della normativa in materia. In particolare detta sentenza ha evidenziato come lo stesso articolo 1 della Legge Fallimentare, delimitando l’area di esenzione dalle procedure concorsuali, parli espressamente di “enti pubblici” e non di società pubbliche. In coerenza con tale impostazione, la Corte ha evidenziato che, l’articolo 1, comma 3, D.Lgs. n. 175/2016 (Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica) sancisce che per tutto quanto non derogato dalle disposizioni del decreto in parola, si applicano alle società a partecipazione pubblica le norme sulle società contenute nel codice civile e le norme generali di diritto privato. Da ultimo poi, la sentenza ha portato all’attenzione l’articolo 14 del decreto citato, che ha il merito di  precisare definitivamente come le società a partecipazione pubblica siano soggette alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo, nonché ove ne ricorrano i presupposti, a quelle in materia di amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi.

Di conseguenza e in conclusione, si osserva che nell’ipotesi in cui l’ente pubblico scelga di perseguire l’interesse pubblico attraverso lo strumento privatistico delle società di capitali, lo stesso dovrà assumersi i relativi rischi connessi alla possibile insolvenza, in quanto – come la stessa Corte ha affermato – ciò che rileva nel nostro ordinamento, ai fini dell’applicazione dello statuto dell’imprenditore commerciale, non è il tipo di attività esercitata ma la natura del soggetto giuridico.

 

 

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