News ITANovità della Legge Gelli-Bianco sulla responsabilità penale del medico: eccessivo entusiasmo della classe medica?

di Elisa Guarrera

 

Dall’1 aprile 2017 è in vigore la legge n. 24 del 2017, c.d. legge Gelli-Bianco, che ha ridisegnato lo statuto della colpa penale in ambito sanitario a meno di cinque anni dalla legge Balduzzi e che è stata accolta con grande entusiasmo dalla classe medica.

Le novità più salienti dal punto di vista della responsabilità penale del medico sono l’eliminazione della gradazione della colpa e la limitazione della non punibilità alla solo condotta connotata da imperizia.

Cosa cambia davvero rispetto all’attualità?

L’art. 3 della legge Balduzzi prevedeva che: “l’esercente le professioni sanitarie che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve”.

Il nuovo art. 590-sexies, introdotto dall’art. 6 della legge Gelli-Bianco, prevede che: “l’esercente la professione sanitaria che, nello svolgimento della propria attività, cagiona a causa di imperizia la morte o la lesione personale della persona assistita risponde di omicidio colposo e lesioni colpose solo in caso di colpa grave”. Ciò significa che se l’imperizia è lieve non ne risponde, mentre ne risponde se la colpa lieve si manifesta nelle forme della negligenza o dell’imperizia.

In realtà la legge Gelli-Bianco ha solo ribadito l’interpretazione restrittiva e maggioritaria della giurisprudenza della Cassazione penale chiamata a pronunciarsi sulle previsioni della legge Balduzzi: quella cioè che limita l’applicazione della Balduzzi alla sola forma dell’imperizia, escludendo i casi della negligenza e dell’imprudenza. Se queste ultime si realizzano, pur essendo lievi, importano comunque punibilità.

Seppure sulla carta è venuto meno la contestata gradazione della colpa, non ci si è ancora spinti fino al punto di riconoscere una vera e propria presunzione assoluta di irresponsabilità connessa alla giusta applicazione delle linee guida: rimane infatti un ampio spazio discrezionale per il giudice in ordine alla valutazione sull’adeguatezza delle linee guida rispetto al caso concreto.

 

 

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