News ITAMancata registrazione del contratto di locazione presso l’Agenzia delle Entrate, quali le conseguenze?

di Flavia Di Malta

L’art.1, comma 346 della Legge 30 dicembre 2004 n. 311 dispone che: “i contratti di locazione […] di unità immobiliari ovvero di loro porzioni, comunque stipulati, sono nulli se, ricorrendone i presupposti, non sono registrati”.

Una norma che seppur chiara nella sua formulazione è stata oggetto di diverse interpretazioni giurisprudenziali, che hanno inciso sui rimedi esperibili dal conduttore in caso di mancata registrazione del contratto presso l’Agenzia delle Entrate.

Secondo una prima interpretazione giurisprudenziale, un contratto di locazione non registrato sarebbe valido ma inefficace in quanto la registrazione del contratto rappresenterebbe una “condicio iuris” di efficacia del contratto stesso, la cui mancanza non sarebbe idonea a renderlo nullo.

Pertanto, in caso di mancata registrazione, il conduttore sarebbe comunque tenuto a pagare il canone.

Una interpretazione, che tuttavia, non è stata condivisa dalla Corte di Cassazione che con la recente sentenza n. 25503 del 13 dicembre 2016 ha statuito che: “il contratto di locazione non registrato è nullo ai sensi dell’art.1, comma 346 della Legge 30 dicembre 2004 n.311”.

La motivazione della sentenza di legittimità si basa sul dato letterale della norma che testualmente prevede la sanzione della nullità del contratto di locazione in caso di mancata registrazione.

Ma oltre, al dato letterale, la Corte di Cassazione, ha richiamato, l’autorevole interpretazione dell’art.1, comma 346 della Legge 30 dicembre 2004 n.311 effettuata dalla Corte Costituzionale con la sentenza del 5 dicembre 2007, n. 420  che ha elevato “la norma tributaria al rango di norma imperativa, la violazione della quale determina la nullità del negozio ai sensi dell’art. 1418 cod. civ.

Alla luce di tali argomentazioni la Suprema Corte ha affermato che la prestazione compiuta in esecuzione di un contratto nullo costituisce un indebito oggettivo ex art. 2033 c.c.; e l’eventuale irripetibilità di quella prestazione potrà attribuire al conduttore, ricorrendone i presupposti, il diritto al risarcimento del danno ex art. 2043 c.c., o al pagamento di un ingiustificato arricchimento ex art. 2041 c.c.

Con la sentenza n. 25503 del 13 dicembre 2016 la Corte di Cassazione richiamando la sentenza della Corte Costituzionale che ha elevato la norma tributaria a norma imperativa ha voluto quindi, perseguire lo stesso obiettivo  del legislatore sanzionando gravemente ogni attività contrattuale che elude obblighi di carattere tributario.

 

 

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