Il conferimento di criptovaluta per l’aumento del capitale sociale. Requisiti di validità

di  Andrea Biglia

Tutti ormai siamo venuti in contatto, direttamente, indirettamente o anche solo de relato con il mondo delle criptovalute, valute digitali paritarie e decentralizzate  che basano le loro modalità di circolazione, di convalida delle transazioni, nonché di generazione di moneta stessa sui principi della crittografia.

Nonostante l’argomento non presenti più il carattere della novità assoluta ma anzi, secondo l’opinione di alcuni, si configuri già come un fenomeno sulla via del tramonto, rimane ancora da verificare come la giurisprudenza abbia o non abbia recepito questo nuovo modello di valuta.

La criptovaluta, ad esempio, può essere utilizzata per un aumento di capitale?

Sulla questione ha avuto modo di pronunciarsi recentemente il Tribunale di Brescia, Sez. imprese, con un decreto dello scorso 18 luglio.

Il Tribunale dopo aver ribadito «la funzione “storica” primaria del capitale sociale in chiave di garanzia nei confronti dei creditori» e chiarito come nel caso di specie non fosse in discussione l’idoneità della criptovaluta a costituire elemento di attivo idoneo al conferimento nel capitale sociale ma la verifica dell’idoneità della stessa criptovaluta, a soddisfare il requisito previsto dall’art. 2464, comma 2, c.c. ha poi provveduto ad evidenziare le caratteristiche necessarie affinché il bene in esame possa essere validamente conferito a capitale.

Secondo il Giudice adito, dunque, la criptovaluta deve essere in primo luogo idonea ad una valutazione economica in un dato momento storico; in secondo luogo deve essere poi dimostrata l’esistenza di un mercato riferibile al bene in parola, presupposto di qualsivoglia attività valutativa che impatta sul grado di liquidità dello stesso e sulla velocità di conversione in denaro; infine, deve essere provata l’idoneità del bene ad essere bersaglio dell’aggressione da parte dei creditori sociali, ossia l’idoneità ad essere oggetto di forme di esecuzione forzata.

Nel caso oggetto dell’ordinanza il Giudice ha ritenuto la criptovaluta «una moneta virtuale in fase sostanzialmente embrionale che (…) non presenta i requisiti minimi per poter essere assimilata ad un bene suscettibile (…) di valutazione economica(…)».

CHIAMA ORA!