News ITANews-homepageIl comune cittadino di fronte alla normativa d’emergenza “Coronavirus”: cosa rischia in caso di violazione?

di Susanna Gallazzi

L’emergenza sanitaria che interessa l’Italia in queste ore sta avendo un forte impatto sulle condizioni di vita di qualunque cittadino. Abituarsi alle sempre più rigide restrizioni imposte non è semplice: tuttavia è, in primis, necessario per comune senso civico; è nondimeno doveroso alla luce di una norma che prevede espressamente conseguenze penali in caso di inottemperanza alle disposizioni. Pare dunque utile fare un po’ di chiarezza.

Il carattere di necessità ed urgenza della situazione in essere ha comportato l’emissione di un decreto legge, il n. 6/20, le cui disposizioni vengono costantemente aggiornate e precisate: giova ricordare il D.P.C.M. dell’8 marzo 2020 (n. 59 in G.U.) recante “ulteriori disposizioni attuative”, nonché il D.P.C.M. del 9 marzo 2020 (n. 62 in G.U.), comportante l’estensione delle previsioni all’intero territorio nazionale.

Prevede l’art. 4  del D.P.C.M. dell’8 marzo che «salvo che il fatto costituisca più grave reato, il mancato rispetto degli obblighi di cui al presente decreto è punito ai sensi dell’articolo 650 del codice penale, come previsto dall’art. 3, comma 4, del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6».

Il reato in cui potrebbe più facilmente incorrere chi disattenda gli obblighi previsti dalla norma è dunque quello rubricato Inosservanza dei provvedimenti della autorità, contravvenzione (come tale procedibile d’ufficio e punibile sia a titolo di colpa sia a titolo di dolo), che si configura in caso di violazione di provvedimenti impositivi di un determinato comportamento – attivo od omissivo – al fine di garantire esigenze di giustizia, sicurezza pubblica, ordine pubblico o igiene. Pena prevista: l’arresto fino a tre mesi o l’ammenda fino a 206 euro. Tra gli obblighi la cui violazione può comportare il configurarsi del reato di cui all’art. 650 c.p., quelli che maggiormente interessano la cittadinanza sono quelli previsti dall’art. 1 lett. a), relativo alla possibilità di muoversi sul territorio. La norma richiede infatti di «evitare ogni spostamento delle persone fisiche … salvo che per gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero spostamenti per motivi di salute. E’ consentito il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza». Sono dunque punibili tutti i comportamenti che non rientrino in alcuna delle ipotesi descritte (ferma restando, va detto, l’incertezza interpretativa dell’ampia nozione di “situazioni di necessità”).

Come noto, in caso di controllo non sarà sufficiente una generica dichiarazione orale circa la sussistenza delle anzidette esigenze primarie (di lavoro, di salute, di rientro, di necessità): è infatti richiesta l’esibizione di una autodichiarazione la cui mendacia comporta conseguenze penali considerevoli. Si badi che, laddove accertata, la condotta di colui che abbia compiuto spostamenti sul territorio giustificandoli con dichiarazioni rivelatesi inveritiere potrà condurre all’integrazione non solo della predetta contravvenzione di cui all’art. 650 c.p., ma anche di delitti di falso, severamente puniti dal Titolo VII del Codice Penale in quanto lesivi della pubblica fede.

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