News ITANews-homepageDucunt mundum facta, ius trahunt: micromobilità elettrica vs. Codice della Strada

di Eugenio Francesco Chiaravalloti 

Ovvero quando la pistola più veloce del West non è il Legislatore.

È difatti pacifico che il mondo consociato abbia una capacità di rivoluzione maggiore di quello giuridico; e altresì che, se è scopo idealizzato del Diritto regolamentare ex ante, è fattuale che sovente operi ex post. Ciò non essendo, peraltro, necessariamente patologico: la quotidianità, le innovazioni tecnologiche, l’evoluzione sociale e politica; innumerevoli fattori aggrediscono costantemente i vigenti schemi concettuali e giuridici, talvolta allargandone le maglie, talvolta rompendole. E giunti a tal punto, non resta alla Legge che prendere atto e agire di conseguenza, applicando analogicamente, modificando le categorie esistenti o introducendone di nuove, spesso finendo con il tipicizzare ciò che prima pareva alieno e irrecepibile.

V’è invero un piccolissimo settore dello ius, quello di ben due commi del Codice della Strada (art. 190, c. 8 e 9), da tempo rimasto impolverato e sottovalutato: trattasi della regolamentazione dei c.d. “acceleratori di andatura”, abominevoli enti fisici che da sempre destano imbarazzo nella collocazione normativa, considerati né carne né pesce. Tecnicamente, allo stato, il C.d.S. ne vieta l’utilizzo sia sulle carreggiate, sia sui marciapiedi, sia sulle piste ciclabili (essendo queste riservate ai velocipedi).

Sebbene il Segway esista dall’inizio del Millennio, si percepisce solo ora la necessità di un intervento normativo costruttivo. Questi dispositivi, in grado di velocizzare (a volte anche notevolmente) la locomozione bipodalica, si stanno imponendo con forza tra i mezzi di trasferimento per le brevi distanze e il commuting, in un’ottica di decarbonizzazione ed elettrificazione degli agglomerati urbani. In specie, noti sono ormai i servizi di “monopattino-sharing”, che alimentano un mercato, quello della micromobilità elettrica, in continua espansione.

Sino ad ora, nelle more del C.d.S., che esclude dalla qualifica di veicoli solo le macchine per uso di bambini e di invalidi (art. 46), si è sempre fatto riferimento al Regolamento UE n. 168/2013, intervallato da alcune circolari interpretative ministeriali allineate con altri Paesi europei nell’assimilazione ai pedoni. Ma ormai non basta più: sulla spinta di alcune start-up e delle esigenze del mercato, il dado è stato tratto. Il 27.07.2019 entrerà in vigore il decreto ministeriale con il quale si introducono le prime regolamentazioni: limiti di velocità a zone differenziate, illuminazione attiva e passiva, maggiore età o almeno la patente AM, copertura assicurativa per le imprese di noleggio. Si avvia così un anno di “sperimentazione”, che demanda al Comune il compito di predisporre gli strumenti idonei per la liberalizzazione, individuare apposite aree e infrastrutture, oltre a una specifica segnaletica. Il tutto, auspicabilmente, senza paralizzare le imprese ma in un’ottica tutelante, soprattutto considerando la sicura emersione di problematiche e contenziosi relativi alla responsabilità civile per danni a cose e/o a persone.

Compito sicuramente non agevole. In un momento come quello attuale, caratterizzato da un’ipertrofia normativa, la tendenza è sicuramente più restrittiva che liberale, fomentata forse da un’iperfobia dei cambiamenti. Staremo a vedere come Mercato e Diritto rinnoveranno anche in questa sede il loro complicato matrimonio.

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