News ITACosa accade quando manca il certificato di abitabilità dell’immobile

di Cristina Cordaro

L’appartamento non è commerciabile se manca il certificato di abitabilità. È quanto statuito da una recentissima sentenza della Corte di Cassazione, n. 2294 del 30.01.2017, che, in linea con l’interpretazione maggioritaria, ha riconosciuto l’essenzialità del certificato di agibilità ai fini della conclusione del contratto di compravendita immobiliare.

La vicenda trae origine dalla domanda proposta dall’acquirente di un immobile destinato ad abitazione che, constatata la presenza al piano terra dell’appartamento di una forte umidità da risalita capillare, ne aveva fatto vanamente denuncia al venditore, affinché questi facesse eseguire i lavori necessari per conseguire la licenza di abitabilità dell’immobile. Il venditore contestava la riconducibilità della fattispecie alla previsione di cui all’art. 1453 c.c., eccependo, da un lato, la prescrizione dell’azione e deducendo, dall’altro, la mancanza di prove idonee a dimostrare che il mancato rilascio del certificato di abitabilità dipendesse dalle infiltrazioni di umidità del piano cantinato.

Investita della questione, la Suprema Corte di Cassazione, confermando integralmente la sentenza della Corte di Appello adita, ha chiarito incidentalmente che, in materia di vendita di immobile destinato ad abitazione, integra ipotesi di consegna di aliud pro alio (e cioè di un bene completamente diverso da quello pattuito, come tale, inidoneo a svolgere la funzione economico sociale che sarebbe propria del bene non difforme) il difetto assoluto della licenza di abitabilità ovvero l’insussistenza delle condizioni necessarie per ottenerla in dipendenza della presenza di insanabili violazioni della legge urbanistica.

In tale prospettiva, il venditore di un immobile destinato ad abitazione ha l’obbligo di consegnare all’acquirente il certificato di abitabilità, senza il quale l’immobile stesso risulta incommerciabile. Per tale ragione, la violazione di tale obbligo legittima il compratore a chiedere sia la risoluzione del contratto che il risarcimento del danno.

La Corte ha, poi, escluso che tale irregolarità possa essere sanata dalla mera circostanza che il venditore, al momento della stipula abbia già presentato una domanda di condono per sanare l’irregolarità amministrativa dell’immobile. Chi acquista un appartamento ha, infatti, il diritto di ricevere la consegna di un immobile in tutto conforme alle leggi, ai regolamenti ed alla concessione edilizia, idoneo a realizzare la sua funzione economico sociale, senza che la definizione della pratica di condono possa sopperire alla mancanza di un requisito giuridico essenziale ai fini del legittimo godimento e della commerciabilità del bene.

La sentenza in commento conferma quindi la rigida impostazione assunta dalla giurisprudenza di legittimità nei confronti degli abusi edilizi.

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