Abnormita’ dell’imputazione coatta ordinata dal g.i.p. per reati diversi da quelli originariamente contestati

Di Susanna Gallazzi

Con la recente Sentenza n. 40984 del 2018, le Sezioni Unite Penali sono state chiamate a decidere circa la possibilità per l’indagato, nei confronti del quale sia stata formulata richiesta di archiviazione, di proporre ricorso per cassazione avverso il provvedimento del Giudice per le Indagini Preliminari che, non accogliendo la richiesta del Pubblico Ministero, ordini a quest’ultimo di formulare l’imputazione, a carico del medesimo soggetto, per un reato diverso da quello oggetto della richiesta stessa.

Nel caso di specie, si contestava all’indagato di aver intrapreso un litigio con il titolare di una stazione di servizio a causa di una presunta sproporzione tra il carburante erogato e la somma versata e di aver pertanto richiesto insistentemente la restituzione del denaro. Alzatisi i toni della discussione, l’indagato avrebbe poi estratto il tesserino dell’arma dei carabinieri, minacciando accertamenti sull’impianto. Qualche mese dopo, lo stesso si sarebbe recato nuovamente alla stazione di rifornimento: di fronte all’opposizione del proprietario, tuttavia, egli avrebbe lasciato ferma la propria autovettura davanti al distributore di carburante, impedendone così il funzionamento per diverso tempo.

Il Giudice, rigettata la richiesta di archiviazione da parte del Pubblico Ministero per l’iscritto reato di tentata concussione (artt. 56 e 317 c.p.), ordinava l’imputazione coatta per i diversi reati di esercizio arbitrario delle proprie ragioni (art. 393 c.p.) e di violenza privata (art. 610 c.p.).

Secondo la Cassazione, da un lato, tale atto valicherebbe la linea di demarcazione tra l’attività dell’organo requirente e di quello giudicante, la cui sfera di valutazione, pur non essendo certamente limitata ad un mero esame della richiesta di archiviazione, deve sempre rispettare le esclusive prerogative del Pubblico Ministero, unico titolare dell’azione penale.

D’altro lato, la Suprema Corte ha evidenziato il concreto pregiudizio per l’indagato, così privato di qualunque possibilità di interloquire sulla nuova accusa nonché «di difendersi per impedire di essere sottoposto a processo; interesse questo per nulla soddisfatto dalle possibilità difensive offerte dall’ordinamento nel prosieguo procedimentale».

Le Sezioni Unite hanno dunque risolto ogni contrasto interpretativo sul tema ritenendo che tale tipo di provvedimento debba dirsi inequivocabilmente abnorme e quindi ricorribile per cassazione anche dall’indagato.

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